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Ai risultati gli scienziati sono arrivati analizzando i dati di 492.567 persone, raccolti dalla UK Biobank, e valutando 164 fattori ambientali e punteggi di rischio genetico per ventidue patologie legate all’invecchiamento.
Genoma o esposoma: cosa incide di più sul rischio di morte prematura
Il genoma, e dunque il patrimonio genetico che influenza l’essere vivente, ha un effetto modesto sulla longevità, mentre i fattori ambientali svolgono un ruolo chiave: a dirlo non è solo quest’ultimo studio, ma diverse ricerche in tema invecchiamento e mortalità prematura. Tanto che, solamente il 2% della variazione nel rischio di morte, è attribuibile ad esso. L’esposoma, l’insieme degli elementi ambientali e degli agenti patogeni a cui l’uomo è esposto nella sua vita, è responsabile invece per il 17%.
Ma cosa incide, più di tutto, sul rischio di morte prematura? In primis il fumo, seguito dallo
status socioeconomico e la deprivazione. Ci sono poi l’etnia, l’attività fisica, la convivenza, il sonno e il benessere psicofisico, ma anche l’altezza e le dimensioni corporee a dieci anni e il fumo materno prima e dopo la nascita.
I fattori ambientali, in generale, incidono maggiormente sulle malattie che colpiscono polmoni, del cuore e del fegato (malattie cerebrovascolari, cardiopatia ischemica, Bpco, artrite reumatoide, malattie epatiche e renali), mentre le genetica influenza di più i tumori (seno, ovaie, prostata e colon-retto), l’Alzheimer, la demenza e la degenerazione maculare.
Come intervenire
Eliminando il fumo, e facendo più attività fisica, è possibile migliorare lo stato di polmone, cuore e fegato, le cui malattie sono le principali cause di disabilità e morte nel mondo. Più difficile è intervenire sullo status socioeconomico. Per questo motivo gli scienziati chiedono l’attenzione del governo, affinché le condizioni economiche dell’individuo non pregiudichino la sua possibilità di vivere una vita lunga e sana.